Da che mondo è mondo, a qualsiasi latitudine, che si trovi in un antico borgo medioevale o in una metropoli avveniristica, il Corso è il cuore pulsante della vita di una comunità,
dove si fa lo “struscio” e si riempiono gli occhi dei colori delle vetrine e del”umanità che si incrocia nella lenta passeggiata.
Arcevia però è una cittadina particolare, non si accontenta di un Corso solo, ma ne ha due, vestigia della sua importanza e strategicità nei secoli scorsi; gli arceviesi sono molto orgogliosi di questa particolarità, tanto da aver ribattezzato via Ercole Ramazzani (pittore e scultore del 1500, ammirabile nella Collegiata di San Medardo, che guarda caso si trova tra i due Corsi), Corso di Sotto: questa denominazione è splendida, sembra quasi voler indicare al mondo la grandezza della nostra cittadina.
Il Corso di Sotto negli anni è diventato il cuore pulsante delle Associazioni giovanili del centro storico, che l’hanno eletto il luogo ideale delle loro sedi e lungo questa via si snoda a fine settembre la Festa dell’Uva, in cui tutte le Associazioni e i Comitati di frazione si sfidano a colpi di enogastronomia e carri allegorici.
Niente unisce le persone e appaga l’anima come una bella tavola imbandita, soprattutto se il palato è gratificato da piatti tipici locali, in un’atmosfera informale, proprio “sotto casa”.
Cosi le tre Associazioni giovanili del Centro Storico, Luna Crescente, Figli di Bacco e Rocca Contraria, due anni fa hanno deciso di far sedere una sera di mezza estate più di 200 persone nella stessa tavolata sul Corso di Sotto, in una serata all’insegna del buon vino, del buon cibo a Km 0, dell’ottimo intrattenimento musicale garantito dai Corsisti di Arcevia Jazz Feast, a un prezzo popolare.
“Lavori in… Corso di sotto” , il nome scelto per questa serata, racchiude in sè l’amore per il territorio, per la ricerca enogastronomica, per la convivialità. Una cena infinita (come i cantieri stradali in Italia!), dal tramonto all’alba, dall’aperitivo al cappuccino con la pasta, in cui stare insieme, mangiare, ridere, ballare, fare i “giochi di una volta”, arceviesi e “forestieri”, una grande famiglia seduta alla stessa tavola imbandita lunga 150 metri.